Un viaggio dell’anima
di Gennaro Vallifuoco
“Mi misi a studiare e preparai la tesi su La Gatta Cenerentola. Ricordo ancora il primo incontro al Caffè Gambrinus con De Simone. Sembrava scansionare ogni mio gesto e ogni mia parola. Da allora un rapporto che dura da più di trent’anni”
Come per molti uomini della scena, anche per me il teatro dei burattini ha svolto un ruolo importante. Ero ancora un bambino quando mio padre mi accompagnava a vedere gli spettacoli di Pulcinella in Villa Comunale, prima a Napoli poi ad Avellino, le cosiddette Guarattelle. E comunque fin da bambino ho dimostrato una predisposizione per l’arte. Mi piaceva soprattutto dipingere. Mi ricordo anche che alla televisione in quegli anni davano, di pomeriggio, gli spettacoli dei Pupi siciliani, che io riproducevo sui quaderni di scuola e ritagliavo insistendo sulle linee di contorno con la penna fino a liberarle dalla carta circostante, creandomi così delle marionette. A questo si aggiungevano gli strani racconti di mia madre, non vedente, che riguardavano il suo paese di origine, ma soprattutto l’appartenenza ad un mondo di memorie che stava già tramontando, seppur intriso di un senso di magia e di fiabesco mistero, che erano sane componenti di quel mondo popolare a cui ella apparteneva.
A 18 anni andai a studiare scenografia all’Accademia di Belle Arti a Firenze, dove mi resi conto di quanto il mondo da cui provenivo apparteneva profondamente alle radici della memoria del teatro. Lì capii che potevo tentare di rendere concreta la mia aspirazione a diventare uno scenografo, ma soprattutto un artista visivo, grazie anche al contributo del mio professore di scenografia Ferdinando Ghelli. Quando poi Beni Montresor, scenografo e costumista di grande talento, mi chiese di fargli da assistente ad uno degli ultimi spettacoli dove danzava Rudolf Nureyev, Il cappotto di Gogol al Teatro La Pergola, capii che quello era il mio destino. In seguito a quell’esperienza mi fece scritturare al Teatro dell’Opera di Roma per la sua inaugurazione della stagione del 1989 con Falstaff di Giuseppe Verdi.
Fu durante una di quelle repliche che un anziano macchinista mi disse: “A ragazzì, ma te che sei de Napoli? Perché pe’ diplomarte all’Accademia non te fai na tesi su Roberto De Simone?”.
Raccolsi a piene mani questo suggerimento che mi sembrò il consiglio di un angelo custode. Allora mi misi a studiare e preparai la tesi su La Gatta Cenerentola, entrando in stretto contatto con il genio di uno dei più grandi uomini di teatro del ’900. Ricordo ancora il primo incontro al Caffè Gambrinus con il Maestro che sembrava scansionare ogni mio gesto e ogni mia parola. Io, naturalmente, ero imbarazzatissimo, ma evidentemente rassicurato da quello che in me aveva letto.
Iniziò spontaneamente una collaborazione per i volumi poi editi da Einaudi, nella collana I Millenni, nel 1994 dal titolo Fiabe campane di cui poi divenni, a soli 25 anni, l’illustratore con 22 miei dipinti che funsero da tavole fuori testo e da copertine del cofanetto, contenitore dei due tomi.
Fu così che in un primo momento dovendo egli riscrivere le fiabe della tradizione raccolte dalla viva voce dei narratori e degli informatori sul campo, e provenendo io da Avellino, mi chiese di aiutarlo a ricercare donne e uomini capaci di ricordare fiabe di magia e racconti.
Non sono un etnoantropologo, ma la buona sorte mi assistette e mi consentì di incontrare per tutta la provincia di Avellino, l’Irpinia, una quantità di personaggi straordinari che mi riempirono un centinaio di musicassette registrate con racconti vivi. Diventò un viaggio dell’anima, un percorso all’interno del labirinto affascinante del pittore che è in me quando De Simone con entusiasmo mi affidò il compito di illustrare i volumi delle fiabe. Da quel momento è cominciata una fertilissima collaborazione che dura da 30 anni col Maestro e che ha fruttato la pubblicazione di volumi prestigiosi, di saggi e testi teatrali da me illustrati per Einaudi e per altre case editrici.
Per De Simone ho curato la scenografia di due spettacoli, ll re bello per La Pergola di Firenze e il Metastasio di Prato e nel 2021 Trianon Opera, tra pupi, sceneggiata e belcanto al Trianon Viviani di Napoli, spettacolo registrato per RAI 5 e attualmente visibile sulla piattaforma RAI PLAY.
Negli anni la mia attività di scenografo mi ha visto impegnato per lungo tempo al Parco della Musica di Roma, al Reate Festival di Rieti dove, con le regie di Cesare Scarton, ho realizzato varie opere liriche.
Non ho mai fermato la mia attività di pittore, questo mi ha permesso di ideare e realizzare molte opere in ambito teatrale, come il sipario storico del Teatro Comunale Carlo Gesualdo di Avellino. Spesso le mie immagini hanno accompagnato le campagne promozionali del Giffoni Film Festival per il quale ho realizzato un murale, prima opera d’arte collocata nella Multimedia Valley del Giffoni Experience.
Dal 1995 sono docente di Scenografia, prima all’Accademia di Belle Arti di Sassari, poi Carrara, L’Aquila e da circa 20 anni all’Accademia di Napoli. Ai miei studenti cerco di trasmettere le esperienze che sono state significative per la mia crescita professionale e umana, generando un interminabile scambio con quelli che saranno artisti e scenografi del futuro.
Attualmente vivo tra Avellino e Napoli, e in questi giorni, prodotto dal Conservatorio Domenico Cimarosa di Avellino, sto lavorando a Le nozze di Figaro, con la regia di Giuseppe Sollazzo. E anche questo lavoro sarà un viaggio dell’anima.
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