Shakespeare nell’adattamento di Rosario Sparno, chiude la stagione alla sala ai Quartieri Spagnoli
Di Alex Capuozzo
Una produzione Casa del Contemporaneo in scena a Napoli, alla Sala Assoli dal 12 al 16 aprile. Adattamento e regia di Rosario Sparno, con Gennaro Apicella, Angelica Bifano, Luca Iervolino, Lukas Lizama e Biagio Musella.
Un classico di William Shakespeare quello messo in scena nel cuore dei Quartieri Spagnoli a chiudere la stagione teatrale 2022-23.
Sedie e poltroncine, disposte lungo il perimetro del locale, anticipano allo spettatore che la serata non sarà convenzionale, attori e pubblico sono sullo stesso piano.
Puck in persona accoglie gli spettatori. Il folletto ozia su di una altalena, incurante del trambusto che la gente fa mentre occupa il perimetro della sala. Pochi minuti di attesa, le luci calano e il sogno inizia.
La trama di Sogno di una notte di mezza estate si caratterizza per essere particolarmente ricca di intricati intrecci e personaggi. Sparno la mette in scena in maniera acrobatica, come le movenze del suo Puck, riducendo all’essenziale gli elementi narrativi e affidando all’eclettismo dei cinque attorie al ritmo dell’azione la buona riuscita della rappresentazione.
Lo spettacolo inizia con il capocomico che incontra i suoi rissosi guitti per mettere in scena una rappresentazione teatrale. La cadenza è subito incalzante e gli attori recitano con grande fisicità e con tempi ed incastri perfetti. Tempo e luogo dell’azione sono indefiniti, solo i costumi e qualche nome rimandano il pubblico ad una ambientazione vagamente elisabettiana.
Gennaro Apicella, Luca Iervolino, Biagio Musella, Angelica Bifano, si trasformano in breve in Lisandro, Ermia, Demetro e Elena che con le loro rivalità e la loro fuga nel bosco diventano gli unici protagonisti della storia. Teseo e Oberon appaiono solo dietro una maschera che i quattro attori abilmente maneggiano. Ippolita e Titana vengono solo evocate mentre il ballerino Lukas Lizama impreziosisce il ruolo di Puck donandogli movenze sinuose e recitando in lingua originale doppiato, al volo, da Angelica Bifano.
Bello sentire anche solo poche battute di Shakespeare recitate in lingua d’origine. Scelta che magari qualcuno potrebbe non aver apprezzato ma, a mio parere, azzeccata.
L’impressione che il regista abbia posto particolare attenzione ai movimenti degli attori a pochi centimetri dal pubblico, è forte. L’esagerazione di alcuni gesti o la loro attenta sincronia suggeriscono un inusuale incontro tra recitazione e danza.
Nello spazio Assoli si tirano le corde del sogno fino a renderle tese come quella che, posta a pochi centimetri dal pavimento, sembra essere l’unico limite che separa il pubblico dall’azione e che diventa anche scenografia, confine tra realtà e favola, cambiando colore dal nero al bianco mentre Puck si prende gioco dei quattro malcapitati amanti.
Tutto è molto acrobatico e non posso escludere la concreta eventualità che lo spettatore che non ha mai incontrato il testo originale, che non ha mai fatto una gita a Stratford-On-Avon, che non ha mai visto il film con Michelle Pfeiffere e Rupert Everett, rimanga, al calar del sipario, assai perplesso.
Alcuni intrecci scivolano veloci, non prendono corpo, e la dimensione della favola un po’ evapora. Dov’è la realtà e dove inizia il sogno? Sembrerebbe ridursi tutto ad una questione di ragione e sentimento tra quattro giovani dabbene in salsa fantasy. Dov’è finito Bottom con la testa d’asino? Tutta qua l’opera del Bardo?
Le acrobazie di Sparno sono certamente più godibili se si prende tutta la faccenda come la rivisitazione di un classico. Del resto i classici sono fatti apposta per essere rivisitati da chi ha l’ardire e le capacità per farlo e la produzione della Casa del Contemporaneo è ben riuscita. Fresca, leggera, coinvolgente, interpretata da attori valorosi. Dei cinque originari atti resta lo spunto del gioco di equilibri e contrasti tra commedia e dramma, tra reale e il sogno, con un occhio di riguardo al tema dell’amore.
Del classico, conserva opportunamente l’iconico commiato di Puck dal pubblico, unico brano che Lizama recita in un italiano un po’ esotico e stentato che forse, perché mi trovavo nel cuore dei Quartieri Spagnoli, mi ha tanto ricordato il commiato di Totò alla fine di Miseria e nobiltà.
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