La vita e il pensiero di Armando Punzo, uomo e regista. La sua esperienza alla Compagnia della Fortezza di Volterra
Di Antonio Tedesco
La vita di Armando Punzo, e in particolare la sua esperienza artistica, sembra attraversata da una strana contraddizione. Nel bel volume pubblicato da Luca Sossella Editore, Un’idea più grande di me – Conversazioni con Rossella Menna (pag.399, €25,00) il regista si racconta. A partire dall’infanzia, trascorsa nella periferia di Napoli, tra Cercola e Ponticelli.
Una certa inquietudine l’ha portato nella giovinezza ad allontanarsi presto dalla casa e dalla famiglia. Un ambiente accogliente che lui, però, viveva come una limitazione. Sono gli anni della ricerca di sé, della propria vocazione. In giro per l’Europa con mezzi di fortuna, facendo i lavori più disparati per mantenersi. Inseguendo un’idea di teatro che aveva dentro, ma che non riusciva ancora a definire. Dove il paradosso (solo apparente) è che questa irrequietezza, questo nomadismo selvaggio, trovano la loro meta tanto ostinatamente cercata, tra le mura antiche e imponenti, minacciose e invalicabili, di un carcere.
Il carcere di Volterra, situato nell’antica Fortezza Medicea. Il massimo della libertà nel massimo della costrizione. Il limite insormontabile come punto di fuga verso l’infinito.
Punzo comprese che quella poteva essere la via per il suo teatro. Un luogo completamente “altro”. Attori senza nessun tipo di retroterra artistico, nessuna idea già preconfezionata. Un territorio vergine da coltivare. Un teatro al di là delle convenzioni del teatro stesso. L’ambiente era difficile. Gli ostacoli da superare molteplici. Le istituzioni erano diffidenti. I detenuti, (che Punzo definisce sempre e soltanto attori) anche, seppur per motivi diversi. Tempo, perseveranza e tenacia hanno la meglio. La Compagnia della Fortezza prende forma.
Un laboratorio di teatro sperimentale dove ogni intellettualismo viene messo da parte e il teatro stesso si fa azione diretta, quotidiana, per molti dei detenuti-attori un’altra vita. Le messe in scena si susseguono. Si riesce a portare la Compagnia anche fuori dalle mura della Fortezza. Fare teatro sembra trovare nuovo senso e significato. Genet, di cui vengono portati in scena alcuni testi, è il nume tutelare. Attraverso le sollecitazioni che giungono dal dialogo con Rossella Menna, studiosa e docente di discipline teatrali che ha partecipato anche a vari progetti del Teatro della Fortezza, Punzo, ricostruisce passo passo questo percorso.
Ce ne restituisce la fatica e il valore. Quest’anno la Compagnia della Fortezza, fondata nel 1988 e ormai nota in tutta Europa, festeggia i suoi trentacinque anni di attività. Armando Punzo riceverà per il suo lavoro il Leone d’Oro alla carriera alla Biennale di Venezia. E, soprattutto, a breve partiranno i lavori per costruire all’interno del carcere di Volterra un vero teatro, lo Stabile della Fortezza. Primo esempio di un teatro stabile all’interno di un carcere.
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